Torna l’incubo in Germania. Accoltella i piccoli dell’asilo. Muore anche un bimbo di due anni
L’attacco in un parco di Aschaffenburg, l’altra vittima aveva tentato di difendere i bambini . Arrestato un afgano di 28 anni con problemi psichiatrici. Doveva lasciare il Paese.
La Germania ripiomba nella paura degli agguati. Due morti e almeno quattro feriti ad Aschaffenburg, centro di 73mila abitanti della Baviera. Alle 11.45 un giovane afgano di 28 anni, Enamullah O. – arrestato dopo appena 12 minuti di fuga lungo la vicina ferrovia – uccide a coltellate un bambino di origine marocchina di due anni (a passeggio in un’area isolata del parco Schöntal con le maestre e i piccoli compagni) e un uomo di 41 anni coraggiosamente intervenuto per evitare lo scempio assieme a un 61enne (subito ricoverato in gravi condizioni per una coltellata al torace). Lotta per sopravvivere una bambina di origine siriana di due anni con la gola tagliata, mentre non risulta in pericolo di vita una maestra caduta e colpita dopo il tentativo di sottrarsi all’aggressore.
La rituale matrice terroristica islamica non trova al momento alcuna conferma né dalla perquisizione domiciliare né dalla storia personale dell’accusato. Di solito, gli afghani in fuga dal regime talebano non corrispondono all’identikit jihadista. Inoltre, come sottolinea la Bild online, il sospetto assassino, ospite di un centro per richiedenti asilo, era già noto ai sanitari per problemi psichiatrici. Gli investigatori accreditano subito il gesto di follia. E in serata il ministro degli Interni della Baviera, Joachim Herrmann, conferma lo scenario con nuovi dettagli: il sospetto era "già stato notato per atti di violenza almeno tre volte e ricoverato ogni volta per cure psichiatriche". All’ultima degenza erano seguite la dichiarazione di rinuncia all’asilo e l’annuncio di voler lasciare la Germania. Ma nessuno si è poi preoccupato che il 28enne uscisse davvero dal Paese.
L’ipotesi "di una evidente malattia mentale" dell’assassino non attenua né il dolore né le polemiche e anzi richiama alla memoria il lutto nazionale per i sei morti della strage al mercatino di Natale di Magdeburgo: cinque donne e un bambino (sepolto solo domenica scorsa a Wolfenbüttel) travolti dall’auto lanciata a tutta velocità dal 50enne psichiatra saudita Taleb A. – simpatizzante dell’AfD – con un bilancio supplementare di 229 feriti. Anche la ricostruzione della tragedia bavarese, anticipata dai cronisti di Main Echo e Die Welt, risulta raccapricciante: il 28enne afgano avrebbe seguito il gruppetto di cinque bambini usciti in passeggiata con le maestre proprio con l’obiettivo di compiere una strage, evitata solo grazie al sacrificio del 41enne intervenuto a prezzo della propria vita. Tutto lascia pensare a una chiara premeditazione.
A meno di un mese dal voto per le politiche, l’attentato bavarese diventa perfetto argomento elettorale. "Remigrazione ora!", scrive in un messaggio su X la leader e candidata alla cancelleria dell’AfD, Alice Weidel, rileggendo politicamente la cronaca dei fatti: "Nella Baviera governata dalla Csu, un uomo afghano uccide ad Aschaffenburg un bambino piccolo di due anni e un assistente di 41 accorso ad aiutare. I miei pensieri vanno ai parenti e ai feriti. Remigrazione ora!". Il cancelliere Olaf Scholz insegue i sovranisti sul loro terreno, chiede chiarimenti sulla mancata espulsione dell’afghano ora agli arresti e provvedimenti immediati a carico dei soggetti inadempienti. Tutti i partiti di governo esprimono cordoglio alle famiglia delle vittime e all’intera comunità bavarese, ma il clima politico diventa sempre più teso. Prova ne sia che i commenti di politici dell’AfD, di influencer di destra e addirittura dell’estremista britannico in carcere Tommy Robinson, invadano i social prima ancora che la polizia comunichi la sua versione dei fatti.
Se gli impulsi alla propaganda e all’auto-addestramento di cellule dormienti o lupi solitari (cui delegare azioni contro i paesi occidentali più vicini a Israele) sono indubbiamente in crescita – dopo il 7 ottobre – almeno secondo le valutazioni investigative internazionali, il caso di Aschaffenburg appare profondamente diverso: senza connotazioni jihadiste, ma egualmente tragico nel suo incrocio perverso di follia e burocrazia.
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