Dazi o non dazi, il Trump che verrà non è quello che il mondo si aspetta

Sarà anche vero che la storia si ripete, ma le motivazioni dietro alcune scelte strategiche non sono necessariamente sempre le stesse. E se durante il primo mandato ci fu la pandemia, oggi le questioni sul tavolo sono altre L'articolo Dazi o non dazi, il Trump che verrà non è quello che il mondo si aspetta proviene da Economy Magazine.

Gen 16, 2025 - 12:47
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Dazi o non dazi, il Trump che verrà  non è quello che il mondo si aspetta

E finalmente venne anche il giorno delle elezioni americane. Passato il 5 novembre, ci possiamo mettere alle spalle mesi, ma forse anche anni, di una campagna elettorale al vetriolo, di promesse roboanti e dichiarazioni di principio estreme. Adesso che la nuova amministrazione americana ha preso forma viene il tempo di agire, e la domanda di tutti è sempre la stessa: “Cosa farà davvero il Presidente Trump?” In particolare, per ciò che riguarda l’Italia, la domanda diventa “Trump metterà davvero dazi aggiuntivi del 10% o del 20% su tutte le importazioni dall’Italia?”

Secondo noi la domanda è mal posta. Facciamo un salto indietro alla prima amministrazione Trump, quattro anni di gestione che abbiamo vissuto in diretta dal nostro osservatorio di New York. In quell’occasione tutti i dazi extra furono imposti come parte di una più ampia negoziazione volta ad aumentare le esportazioni americane e a ridurre il deficit commerciale Usa. Nel caso della Cina, ad esempio, era stata anche preparata una lista di prodotti americani di cui si chiedeva un aumento delle importazioni. Con la Germania, invece, l’idea di fondo era quella di chiedere ai produttori tedeschi di produrre in America i nuovi modelli di auto elettriche che si apprestavano a lanciare sul mercato. Lo scoppio della pandemia segnò un brusco cambiamento delle priorità della prima amministrazione Trump ma il principio alla base dell’aumento dei dazi import era chiaro: un approccio negoziale, non necessariamente strategico, volto a migliorare la bilancia commerciale americana, a portare tecnologia in America, e a sostenere l’occupazione.

Fast forward alla seconda amministrazione Trump e le cose non sembrano cambiate di molto. La prima bordata è stata sparata contro Cina, Canada e Messico: promessa di un aumento dei dazi del 25% se Canada e Messico non si impegnano a bloccare il flusso dei migranti illegali verso gli Usa, e del 10% verso la Cina se quest’ultima non blocca l’esportazione illegale di fentanyl verso gli Stati Uniti. Ricordiamo che secondo gli accordi commerciali in vigore tra Usa, Canada, e Messico, le importazioni avvengono senza dazio, mentre con la Cina sono in vigore i dazi storici normalmente applicati più gli extra dazi varati dalla prima amministrazione Trump e mantenuti poi dalla amministrazione Biden.

La seconda bordata è invece del 30 novembre ed è nei confronti dei paesi del blocco cosiddetto Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa): se gli Stati Uniti ravviseranno mosse tese a minare la posizione del dollaro sui mercati internazionali da parte del blocco dei Paesi Brics, allora verranno imposti dazi aggiuntivi del 100% nei confronti delle importazioni da questi paesi.

In entrambi questi casi è evidente che la minaccia di aumento di dazi è legata al raggiungimento di determinati obiettivi di natura politica o economica. La nostra opinione, quindi, sulla base di quello che abbiamo visto durante la prima amministrazione Trump, e sulla base di queste prime mosse in materia di commercio internazionale, è che non ci sarà un aumento dei dazi a pioggia su tutte le categorie di prodotti da tutti i paesi, quanto piuttosto aumenti mirati in relazione agli obiettivi che l’amministrazione Trump vuole ottenere da ciascuna controparte commerciale.

Diverso è il discorso nei confronti della Cina, dove considerazioni geopolitiche guideranno le mosse dell’amministrazione americana. Ma per ciò che riguarda l’Europa vale quanto appena espresso ed è quindi necessario che l’Europa si attrezzi per far fronte al “nuovo” tipo di approccio alle questioni del commercio transatlantico introdotto dall’Amministrazione Trump.

Ridotta la questione ai suoi termini essenziali, riteniamo che sia utile preparare risposte solide a obiezioni come ad esempio queste:

Importare una certa classe di vetture in America comporta un dazio del 2,5%. La stessa classe di vetture importata dall’America in Europa subisce un dazio del 10%. A ciò si aggiunge il fatto che mentre in America la tassazione indiretta avviene con un’aliquota media del 5,6%, in Europa l’Iva è invece del 23% e, a differenza dell’imposizione indiretta americana che scatta nel momento della vendita, in Europa l’Iva va versata nel momento dell’importazione.

La De Minimis Fair Trade Rule prevede che sulle importazioni negli Stati Uniti di valore è inferiore a 800 dollari non si applichi dazio. Stiamo parlando di una classe di importazioni che nel 2023 è stata pari a 50 miliardi di dollari con circa 1 miliardo di procedure di ingresso. Oltre a questo, quando importazioni di questo tipo sono dirette verso il consumatore finale non è prevista alcuna imposizione indiretta. Si tratta di una situazione estremamente favorevole per tutto ciò che viene acquistato nell’ambito del commercio elettronico. Bene, mentre in America la soglia per importazioni di questo tipo è di 800 dollari, in Europa è di 150 euro.

Le soluzioni a questo stato di cose possono essere di due tipi: cercare una soluzione che rimanga nell’ambito dei termini della situazione così come la conosciamo, oppure creare opzioni nuove per poter addivenire ad una soluzione creativa che si svincoli dai confini della situazione corrente.

Tutto ciò premesso, occorre ricordare che il mercato americano rimane comunque il mercato più grande, più dinamico, più solido, e che cresce di più rispetto al resto di tutte le altre economie mondiali. Un’azienda che vuole crescere, o anche assicurarsi di rimanere sul mercato di qui ai prossimi 20 anni, non può prescindere dall’internazionalizzare e non può permettersi di ignorare il mercato americano.

Conoscere il mercato americano significa capire come investire e come relazionarsi sia con i potenziali clienti e partner commerciali, sia con i singoli Stati americani. Dal primo mandato di Obama, il governo federale ha lanciato l’iniziativa SelectUsa (poi mantenuta dalle successive amministrazioni): un grande summit annuale a Washington, dove ogni Stato presenta incentivi e opportunità economiche per attrarre investitori da tutto il mondo.

SelectUsa è un’occasione unica: migliaia di aziende partecipano per scoprire dove conviene assumere personale, aprire una società, avviare un polo produttivo o semplicemente gestire la logistica. Gli Stati competono tra loro, proponendo le migliori offerte per attrarre investimenti. Oltre al summit principale, SelectUsa organizza anche Roadshow globali attraverso i consolati americani. In queste tappe, i rappresentanti degli Stati, delle contee e delle agenzie di sviluppo incontrano le aziende interessate, offrendo un’anteprima delle opportunità disponibili. Un’attività imprescindibile per chi vuole espandersi negli States. Quest’anno i Roadshow in Italia si svolgeranno a Milano, Bologna (Zola Pedrosa) e Treviso nel mese di marzo, mentre il Summit si svolgerà a Washington dall’11 al 14 maggio 2025.

L’Amministrazione Trump è ben cosciente del fatto che sta ereditando dall’Amministrazione Biden un’economia in ottima forma: disoccupazione ai minimi, inflazione in pieno rientro, tassi di interesse in calo, produzione petrolifera interna ai massimi storici così come quella di gas naturale, ruolo internazionale del dollaro incontestato, investimenti diretti esteri ai massimi storici… Unico neo è quello del debito pubblico, che al 123% del Pil è ai massimi dal dopoguerra. Siamo convinti che l’amministrazione entrante non farà nulla per inceppare il meccanismo virtuoso dell’economia americana che, per come è avviata, ha il potenziale per crescere ancora nel medio termine.

di Lucio Miranda, economista e imprenditore italiano residente a New York dal 1993, è il Presidente e Fondatore di ExportUSA New York Corp., una società di consulenza che da vent’anni segue l’avvio e lo sviluppo della presenza italiana negli Stati Uniti. Con un passato professionale in Alitalia e JP Morgan, nel 1997 ha fondato una delle prime startup di e-commerce, segnando il suo contributo pionieristico nel settore digitale. Laureato alla Bocconi e con un master della NYU Stern School of Business, è autore di tre libri sull’export e il marketing online. Recentemente, è stato nominato Coordinatore del “Gruppo di Lavoro Internazionalizzazione” di Assoconsult (Confindustria) ed è diventato Rappresentante locale di AmCham Italia.

info@exportusa.us | www.exportusa.us

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